L’islamismo nella Stella della Redenzione di Franz Rosenzweig

Per festeggiare i 2 anni da dottore del sottoscritto, viene qui pubblicato un articolo che scrissi per una rivista di filosofia in seguito alla laurea ma che non fu mai pubblicato. Interesserà poco e a pochi, ma forse potrà dare una parvenza di intellettualità allo Scatolone. Perchè non siamo solo cultura moderna.

Franz Rosenzweig nasce da una famiglia ebraica in Germania nel 1886 e muore nel 1929: dunque egli muore prima dell’ascesa del nazionalsocialismo e delle teorie della razza hitleriane, ma attraversa la prima guerra mondiale e il passaggio dall’Impero tedesco bismarckiano alla Repubblica di Weimar. Dato biografico importante per la comprensione della sua speculazione, è la decisione di Rosenzweig di convertirsi al cristianesimo, religione del mondo occidentale. Tale scelta viene disattesa subito dopo per la riscoperta dell’ebraismo come religione vitale, riscoperta che lo induce a restare ebreo.

La sua opera principale, o meglio la più originale, è “La Stella della Redenzione”, testo in cui il filosofo di Kassel cerca una conciliazione tra pensiero ebraico ed occidentale e tra le due grandi religioni della rivelazione, ebraismo, appunto, e cristianesimo. In questo libro, inoltre, propone di distruggere le fondamenta della filosofia precedente, fino all’idealismo hegeliano, reo di aver privato l’uomo, l’individuo umano, “l’individuo nome e cognome”, della centralità che gli spetta, colpevole di aver svilito la singola esistenza umana, inglobandola nel tutto e rendendola mera pedina della volontà e della ragione di questo.

E’ stata spesso sottovalutata dai critici nell’analisi della Stella, l’importanza dell’analisi della terza grande religione monoteistica, l’islamismo. In effetti, non esiste nella Stella un’analisi organica dell’Islam. Forse ciò si deve non solo al fatto che obiettivo primario dell’autore sia una conciliazione tra ebraismo e cristianesimo, quanto soprattutto al fatto che il pensatore di Kassel la consideri, ad ogni modo, una religione minore, di matrice pagana, orientale, umana e non divina, priva di alcuni tratti per lui essenziali. Ad ogni modo, l’analisi dell’Islam, risulta molto interessante in quanto, nella visione di Rosenzweig, questa religione “pagana” ed orientale, si rivela per molti tratti vicina alla “pagana” filosofia moderna occidentale.

Il primo momento di analisi nella Stella dell’Islam si propone nel libro de “La creazione”. E’ eloquente il titolo assegnato da Rosenzweig al paragrafo dedicatogli: “L’Islam: la religione della ragione”[i]. Seguendo l’analisi del filosofo, Maometto avrebbe assunto dall’esterno l’idea di rivelazione già esistente senza alcuna base profetica. Il Corano “è un Nuovo Testamento privo di un Antico Testamento” e perciò non può avere carattere di rivelazione di un piano divino per la salvezza. Al contrario, il Corano è simbolo dell’origine pagana della religione. La sua rivelazione è opera magica, miracolo inspiegabile (“un libro di una saggezza e di una bellezza tanto incomparabilmente splendide non può essere scaturito da un cervello umano”[ii]) che non permette alcuna connessione con la creazione. I concetti della creazione (dio, mondo e uomo) che portano alla rivelazione non sono assunti in relazione ad essa, non prorompono dalla loro essenza, non entrano in relazione l’un con l’altro, ma sono accolti perchè già presenti nel mondo pagano. L’islamismo può dunque essere considerato un “plagio di portata universale…una fede nella rivelazione scaturita direttamente dal Paganesimo…senza la volontà di Dio”. La profezia non si tramuta in segno di provvidenza divina: l’Islam, secondo Rosenzweig, pur tronfio di se stesso, in realtà non possiede né creazione né rivelazione. Il creatore dell’islamismo si configura pari ad un despota orientale, che agisce “a proprio insindacabile arbitrio”[iii], e altrimenti non potrebbe essere visto che l’origine della religione non è divina ma pagana e secolare. Se il Dio ebraico realizza il mondo per giustizia o per amore, una potenza divina dell’islamismo che agisce esclusivamente a proprio arbitrio, non può contemplare alcun ideale simile: “ogni suo singolo atto scaturisce dal volubile umore del singolo istante”[iv]. L’atto creatore è dunque legato solo all’arbitrio di quell’attimo del creatore. In quel momento egli afferma il mondo, autonegandosi: “la creazione è creazione del mondo. E del mondo che ne è?”[v]. L’essere mondano è nell’Islam considerato equivalente all’essere del mondo creaturale: anche questo essere dunque è da considerarsi solamente istantaneo e necessita di essere continuamente rinnovato. E’ qui che entra in gioco il dio, Allah. Questi può attuare la propria provvidenza indirizzandola verso le singole cose o verso la totalità, configurando un particolare che è anch’esso universale, un universale che è sempre e dovunque. Seguendo quest’analisi, Allah deve creare ogni singola cosa in ogni istante, come se la singola cosa fosse l’universale: la provvidenza è dunque qui composta di singoli atti creativi sconnessi tra loro che equivalgono ognuno a un’intera creazione. Dio non rinnova in ogni istante, Dio crea in ogni istante. Un continuo intervento creatore non permette una connessione tra provvidenza e creazione, se la provvidenza deve essere rinnovamento dell’azione creatrice: i continui atti creativi sono in contrasto perenne con l’unità della creazione. Per questo Rosenzweig si affretta a dire che “l’Islam…scivola…in un paganesimo monistico: Dio stesso fa concorrenza a Dio in ogni istante, come se egli fosse il cielo variopinto e rissoso degli dei del politeismo”[vi].

Il concetto del Dio rivelatore nell’Islam è anch’esso diverso da quello di ebraismo e cristianesimo. Nell’islamismo è “direttamente emerso dal Dio vivente del mito”[vii]. La rivelazione non è qui un dono arbitrario come quello della creazione, ma è un dono oggettivo che Dio fa in nome della sua misericordia, attributo fondamentale che irradia tutto il mondo: infatti, Dio ha mandato un profeta per ogni popolo, senza alcun uomo o popolo eletto, rivelando il suo essere misericordioso fin dall’inizio, comandando l’Islam “già ad Adam, e via via a tutti i profeti successivi”[viii]. Ma se è un libero dono che Dio fa all’uomo, la rivelazione non è nell’Islam evento in cui Dio ed uomo si rapportano, la rivelazione finisce per essere esclusivamente rivelazione del libro, di un libro non ispirato da Dio, ma divino, il Corano. “L’Islam…è religione del libro fin dal primo istante”[ix].

La redenzione, nella struttura architettata da Rosenzweig, si attuava nell’amore verso il prossimo, atto d’amore imperturbabile e senza scopo “completamente perduto nell’istante”[x]. Nell’Islamismo, secondo il filosofo di Kassel, l’amore verso il prossimo non può essere tale, ma solamente un atto di volontà obbediente ad una decisione precostituita, un’azione che ha uno scopo ben preciso: seguire “la via di Allah”[xi]. E’ dunque il suo carattere d’obbedienza che lo differenzia principalmente dall’amore per il prossimo. La via di Allah è direttamente la via dei musulmani, via che passa nell’espansione dell’Islam per mezzo della guerra santa, non diversa dalle guerre di religione dei cristiani. Pur avendo l’Islam preteso e praticato la tolleranza prima del cristianesimo, il diritto di guerra islamico si è formato in obbedienza alle prescrizioni coraniche, mentre le guerre religiose e l’inquisizione del mondo cristiano, incompatibili con il cristianesimo, sono il risultato di uno sviluppo non degenerato del sentimento d’amore verso il prossimo. La differenza fondamentale tra le due, Rosenzweig la individua nella forma, nel fatto che mentre l’atto di amore del prossimo cristiano ed ebraico irrompe istantaneamente ed imprevedibile nei tratti costanti del carattere, la via di Allah è sempre possibile indicarla in anticipo, senza alcuna sorpresa: i musulmani hanno “davanti agli occhi un’immagine talmente precisa e positiva di come dev’essere trasformato il mondo percorrendo la via di Allah, che proprio in questo la sua azione nel mondo si rivela come pura obbedienza verso una legge imposta al volere una volta per tutte”[xii]. Se i comandamenti di Dio nella seconda tavola, quella che specifica l’amore del mondo, consistono in proibizioni, un “non dover fare”, indicando ciò che mai può essere conciliabile con l’amore del prossimo, Allah comanda un “dover fare”. Inoltre le leggi coraniche sono fatte risalire direttamente ad affermazioni del suo fondatore, al contrario di quelle canoniche e talmudiche, che sono tratte per deduzione logica: le leggi islamiche fanno così dipendere il presente dal passato, mentre quelle cristiane ed ebraiche fanno prevalere il presente sul passato.

Quale il valore dell’uomo all’interno dell’Islam? Il fedele abbandona la sua anima alla volontà divina, “unico atto di libertà che l’Islam conosca…il rapporto con Dio e con il mondo, da cui risulta l’immagine complessiva dell’uomo, ha…il segno algebrico inverso rispetto alla vera fede, così che anche il risultato è opposto”[xiii]. Alla figura del santo della tradizione ebraico-cristiana, con i suoi tratti peculiari e il suo intrinseco legame con la leggenda, nell’Islam si contrappone quella dell’uomo esemplarmente devoto, di cui “si onora la…memoria, ma tale memoria è priva di contenuto”[xiv]. Rosenzweig trova un corrispettivo a questa religiosità islamica nella sottomissione laica alla legge universale dell’etica kantiana: entrambe sono, secondo l’autore, nient’altro che “una religiosità dimessamente obbediente”[xv], una netta svalutazione dell’essenza dell’uomo.

“Anche l’Islam fa del mondo nella sua individualità l’oggetto della redenzione. La via di Allah introduce il credente tra i popoli reali delle epoche reali”[xvi]. Essendo ogni individualità nell’Islam sempre rinnovata e direttamente correlata a Dio, così anche ogni epoca è connessa a Dio: ciò ha portato l’Islam ad essere il primo ambiente in cui ha attecchito un interesse per la storia di tipo scientifico, dovuto anche ad un voler rendere evidente la crescita del suo regno, manifestazione della signoria di Dio. Accanto a questa crescita del regno di Allah, l’Islam sviluppa la dottrina degli imam: “ogni epoca, ogni secolo, da Muhammad in poi, ha il suo imam, il suo capo spirituale, che guiderà la fede della sua epoca sulla giusta via”[xvii]. Attraverso il far risaltare il ruolo degli imam all’interno delle loro epoche, ogni epoca non ha alcuna relazione con l’altra, non c’è nessuna continuità, non esiste spirito che agisce: per la seconda volta l’islamismo risulta più vicino alla concezione moderna del progresso e della centralità dei grandi uomini nella storia piuttosto che alle altre religioni. La concezione moderna occidentale della storia e la storia nell’Islam sono analoghe perché entrambe hanno una concezione “avvelenata”, è una definizione di Rosenzweig, del futuro. Il futuro diventa tempo dell’eternità se il futuro è anticipare, se in ogni momento si attende la fine: “il poter essere l’ultimo è ciò che rende l’attimo eterno”[xviii]. Al contrario, nell’Islamismo come nel pensiero occidentale moderno, i tempi non sono eterni, bensì infiniti: “infinito non è eterno, infinito è soltanto sempre oltre”. Entrambe le concezioni vogliono mostrare una connessione diretta ed immediata tra Dio ed ogni epoca, ma è l’infinità a tradire questo obiettivo. In un progresso infinito, ogni istante è certo della sua futura esistenza al pari di un istante passato. Nell’eterno invece la meta può essere raggiunta in ogni momento, nel prossimo istante o nell’istante presente: il progresso indica il tempo presente, ma vuole intendere il regno, ogni istante è anticipazione, prospettiva, “dovere di anticipare la meta nel prossimo istante stesso…infatti senza questa anticipazione l’istante non è eterno, bensì è qualcosa che si trascina perennemente oltre sulla lunga strada maestra del tempo”[xix].


RISORSE IN RETE:
Introduzione a Franz Rosenzweig e alla sua filosofia
[i] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, Marietti, Genova 1998, pp. 123-126.
[ii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 124.
[iii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 125.
[iv] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 125.
[v] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 126.
[vi] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 131.
[vii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 176.
[viii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 177.
[ix] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 178.
[x] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 231.
[xi] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 232.
[xii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., pp. 232-233.
[xiii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 233.
[xiv] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 234.
[xv] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 234.
[xvi] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 242.
[xvii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 243.
[xviii] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 243.
[xix] F.Rosenzweig, La Stella della Redenzione, cit., p. 244.

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